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Tumori al seno, ora in Italia meno morti


Convegno a Los Angeles: la percentuale di decessi è tra le più basse d'Europa. Ecco perché



Secondo i dati presentati a Los Angeles al novantaseiesimo congresso annuale di Ricerca sul Cancro (AACR, American Association for Cancer Research), il nostro paese ha un numero di decessi da tumore al seno tra i più bassi in Europa. Le fatalità dovute al carcinoma della mammella sono circa 19 su centomila l'anno in Italia (28 in Danimarca, 27 in Olanda, 26 Irlanda, 25 Ungheria, 24 Inghilterra, 22 di Francia e Germania). In generale in Italia meno donne muoiono di cancro (95 su 100.000) che in America (112) e in altri paesi UE, ad esempio l'Inghilterra (122). Ciò significa che la battaglia per la prevenzione e la cura dei tumori femminili, in particolare quello al seno, nel nostro paese è risultata vittoriosa.



Al convegno di Los Angeles, che ha riunito, dal 16 al 20 aprile 2005, 16000 ricercatori da tutto il mondo, centinaia di presentazioni riguardavano il seno. Analoghi incontri ci sono stati in Italia (a Genova la conferenza dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica, l'AIOM, a Milano la quinta "Consensus Conference" del "Breast Health Institute"). Basandoci sulle tematiche affrontate da questi convegni analizziamo in sintesi quali sono gli "amici" e "nemici" del nostro seno.



Dieta. Sicuramente cosa e quanto mangiamo ha un notevole impatto sul rischio di tumore mammario. A LosAngeles l'ultima certezza: gli acidi grassi omega 3 proteggono non solo la donna che li assume, ma, secondo studi sperimentali, anche la prole (trasmissione al feto in gravidanza e al bambino con l'allattamento).



Fattori di rischio sono invece sovrappeso e obesità. Contro il 30% di obesi degli Stati Uniti in Italia siamo sotto il 10% ma è in agguato l'obesità di bambini e ragazzi. Al convegno si è paventato il fatto che la sopravvivenza alla malattia oncologica negli Usa potrà calare nei prossimi anni proprio a causa del crescente aumento di individui sovrappeso, addirittura 6 su 10.



Anche il fumo aumenta il danno.
Abitudini, Storia Personale e Genetica. L'età del menarca, la gravidanza, l'allattamento, l'età della menopausa, l'uso di ormoni e la terapia ormonale sostituitiva sono fattori che contano nell'incidenza dei tumori della mammella, da considerare quando si valuta un rischio.



Inoltre la moderna ricerca molecolare ha portato a grandi progressi per quello che riguarda la familiarità. Molto si sa ora sulle funzioni dei geni BRCA1 e BRCA2 la cui situazione può essere legata all'aumento di probabilità di sviluppare una neoplasia mammaria, per i quali esistono però affidabili test genetici e il "genetic" counseling.



Diagnostica precoce. E' prassi il controllo periodico mammografico e/o ecografico dopo una certa età. E' stato dimostrato che evidenziare una lesione neoplastica precoce ne rende più facile il controllo, con interventi chirurgici e medici allo stadio iniziale e quindi più risolubili.



Chirurgia conservativa e progressi in radioterapia. L'Italia, con l'impegno di Veronesi e altri, è stato tra i primi paesi a promuovere la chirurgia conservativa della mammella. Anche in caso sia ritenuta necessaria un' operazione più estesa, la chirurgia plastica ha comunque raggiunto livelli di grande precisione estetica. Recentemente è stata introdotta l'idea di eseguire una somministrazione radioterapica intraoperatoria per evitare di far tornare il paziente in clinica a tempi brevi.



Prevenzione, Chemioprevenzione, Terapia "adiuvante". Quando un tumore viene diagnosticato e operato, la farmacologia fornisce potenti strumenti per evitare l'insorgenza di tumori controlaterali, recidive e tumori secondari. L'ormone estrogeno contribuisce alla crescita della cellula epiteliale mammaria, in particolare quella trasformata. L'attuale proposta di terapia adiuvante consiste in 5 anni di tamoxifen o analoghi, seguiti dall'uso di inibitori di aromatasi, quali ad esempio anastrozolo, per altri 5 anni. Varie istituzioni, tra cui l'IST di Genova, propongono direttamente l'anastrozolo prima di aver concluso i 5 anni di tamoxifene.



Dr.ssa Adriana Albini, Direttore Lab. Oncologia Molecolare IST, Genova


28/04/2005

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